In Russia un brand retail indossa la Hijab
Gloria Jeans, una delle 200 aziende private di maggior successo della Russia è diventato il primo brand russo, di significativa visibilità, a presentare una modella che indossa un hijab, un velo islamico, in una delle sue pubblicità.
Sono noti a tutti le dispute interne ad alcuni paesi ex-URSS relativamente ai temi della contrapposizione tra laicità dello Stato, o comunque una predominanza del Cristianesimo Ortodosso, e rivendicazioni da parte di parte della popolazione di fede islamica che hanno segnato profondamente l’approccio verso le diversità religiose nell’area.
Un vero e proprio rapporto conflittuale nel consenso concesso alle ragazze ed alle donne musulmane di indossare il velo. Nel 2017, una scuola di villaggio nella repubblica musulmana russa di Mordovia ha vietato ai suoi studenti e insegnanti di indossare il velo, portando a uno scandalo nazionale.
Il retailer Gloria Jeans ha presentato a fine agosto uno spot con una propria modella con il capo coperto da un hijab, nella sua campagna pubblicitaria intitolata “Be Yourself“.
“Siamo sempre felici di vederti indipendentemente dall’età, dal sesso, dal colore della pelle, dalla religione o dalla visione del mondo“, così recita il post sul canale INSTAGRAM dell’azienda.
Vladimir Melnikov, fondatore di Gloria Jeans, ha dichiarato che la società “.. vuole fa capire che realizziamo abbigliamento per tutti”.
Il fatturato di Gloria Jeans è più che quadruplicato in cinque anni, sfiorando i $ 611 milioni nel 2018 collocandosi al 200 ° posto tra le maggiori compagnie private in Russia.
Si stima che 20 milioni di musulmani costituiscono la seconda minoranza religiosa della Russia, rappresentando circa il 14% della popolazione complessiva.
Spesso ci si chiede se i Brand, le aziende, debbano esprimere pubblicamente la propria adesione a tematiche sociali o se questo invece non possa costituire un motivo di conflitto con il proprio target di riferimento.
Sicuramente una campagna come quella di Gloria Jeans, che non appare marcata politicamente e si propone in maniera assai fluida all’interno del processo di relazione quotidiano con la propria clientela , non può e non deve essere vista come una invasione di campo, piuttosto una conferma della sensibilità di un brand che si propone come assolutamente inclusivo.
Ciò con tutte le discriminanti sulla libertà o meno delle donne di usare questi capi di abbigliamento, che in alcuni paesi non è prevista.
Il retail come lavoro, oggi, nato da una passione che arriva da lontano. Una drogheria della vecchia Milano, dagli alti scaffali in legno ed una coppia di anziani gestori che di ogni cliente conoscevano il nome, il cognome e da quanti giorni non li visitavano.
Un bambino che passava ore come ospite tra i profumi di cioccolato in blocchi immersi in imponenti barattoli di vetro e le confezioni in esposizione di talco Roberts.
Una campanella in ottone ed un avviso sonoro ad ogni ingresso che ricordavano di una opportunità da cogliere ed una pedana retrobanco in legno da calpestare.
In fondo nulla si estingue, cambiano solo i materiali …
Oggi mi occupo di consulenza e sviluppo format per diversi operatori retail (con una specializzazione sul Food Retail) e Real Estate Commerciale. Rivolgo i miei servizi ad aziende e manager che vogliano sviluppare la propria rete in Italia e sui mercati esteri, con la puntigliosità da chi ha maturato una esperienza importante in ambito industriale: dove la programmazione è il fulcro su cui basare la crescita di un progetto e l’attenzione ai dettagli non è un accessorio da banco.
Da ormai diversi promuovo l’ibridazione tra fisico e digitale, sia in ambito progettuale ed architettonico che nella proposta di avvicinamento ed interazione con gli utenti ed appassionati dei brand.
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