COOP BICOCCA

Il supermercato del futuro non è quello di Coop.

“La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni” la citazione attribuita a Karl Marx non può che calzare a pennello sull’esperimento di creatività multimediale applicato da Coop ad una personale concezione di un modello di supermercato del futuro.

È l’anno 2015, il luogo la manifestazione Expo di Milano e Coop Lombardia propone all’interno dei 6 mesi di vita dei padiglioni internazionali ciò che, con il partner in crime Accenture, dichiara essere la visione futuristica del retail in salsa italiana, delle medie superfici alimentari. È il 2016 quando la trasposizione commerciale e funzionante del format viene applicata su di una location di 1000 metri quadrati all’interno del complesso che ospita il Bicocca Village, in viale Sarca a Milano, con squilli di tamburi e rulli di trombe (non è un errore).

Scansione dei prodotti per acquisirne le proprietà nutrizionali, rilevamento cinetico dei gesti del cliente per fornire in tempo reale informazioni sull’origine e le proprietà del prodotto fresco allestito nei banchi refrigerati. Totem parlanti ed (in futuro) face recognition non invasiva per aiutare i clienti nelle scelte dei prodotti da mettere nel carrello della spesa (e già qui siamo ancorati al vecchio) in base alle abitudini alimentari e di acquisto degli stessi.

La voce dei totem non l’ho sentita, ma se anche fosse accaduto son sicuro sarebbe stata rauca e seguita da qualche colpo di tosse, e poi chissà cos’altro..

Dalla sua inaugurazione ci sono tornato spesso, volevo seguirne l’evoluzione. Ho persino partecipato a degli incontri in Accenture dove in una riduzione di scala veniva replicato il favoloso modello Coop; sono passati 3 anni dalla posa del primo scaffale e tutto è rimasto immutato. Congelato come e più degli spinaci nelle vetrine frigorifere spalancate insensatamente dai dipendenti del punto vendita, intenti ad un refilling degli scaffali e probabilmente necessitanti di un refrigerio proprio, non giustificato dalla temperatura esterna. Viva la sostenibilità energetica, pietra miliare degli sviluppi futuri della distribuzione.

Continuo a non percepire nessuna emozione passando tra le corsie delimitate da scaffali sguarniti da merci disordinate. Eppure è il sabato mattina di un ponte festivo che ha svuotato Milano ed il mio ingresso nel punto vendita è stato l’evento più impegnativo che li ha investiti nella mezz’ora che ho speso nel negozio, cercando ispirazione per un complimento ruffiano da fare quando avessi incontrato (e prima o poi succederà) uno degli artefici di cotanta innovazione.

L’importanza dei punti pilota nel retail é riconosciuta, tanto quanto vanno accettati i limiti che ne contraddistinguono le funzioni e le interazioni nella fase di testing ed ottimizzazione. Ma i piloti devono progredire, essere i personal trainer del format e donargli le agilità e la forza per uscire dal recinto ed affrontare la competizione reale. Diversamente è solamente il ciuccio lasciato in bocca ad un bambino di 3 anni, affinché non rompa le scatole e ci si possa dedicare alle attività che coinvolgevano prima dell’avvento di quello che viene percepito come un fastidio.
Ma non è questo il modo in cui si cresce e nel quale ci si deve porre nei confronti di un audience che ti percepisce come punto di riferimento.

Eppure il consumatore sempre più è domestico all’uso delle tecnologie digitali; le maneggia con destrezza crescente e ne ricerca di più evolute che gli garantiscano un miglioramento della experience legata all’acquisto ed alle fasi di loyalty.

Il mercato attuale propone un surplus di offerta retail, inclusa in questa vi è il mondo della ristorazione, ed il cliente non effettua più la propria scelta in base esclusivamente al prezzo o alla piacevolezza dell’ambiente contenitore del prodotto. Che rimane comunque un aspetto sovente trascurato da molti operatori nella GDO per il quali il massimo della spinta architettonica è l’uso di rivestimenti in Wenge per la scaffalatura e gli accessori del punto vendita.

Amazon è un apripista che dovrebbe essere d’esempio per i retailer occidentali (anche se ALIBABA è assai più innovativo e performante pur se meno mediatico del colosso americano) che dovrebbero usarne le evoluzioni e gli esperimenti, inclusi quelli meno riusciti, come benchmark per le proprie proposte commerciali e gestionali non ultimo l’aggiornamento degli attuali modelli di business.

Invece sembra esserci più la ricerca della primogenitura, il traguardo mediano tagliato per primi di una competizione paesana per poi declamare, nel proprio ambito, la supremazia dopata di chi compete alle Olimpiadi nella stessa categoria.

La vera innovazione è non smettere mai di studiare. Ed applicare, applicarsi.

In fondo anche Oscar Farinetti, non distante dal mondo Coop lo dice sempre con apprezzabile onestà intellettuale: “Io non ho inventato nulla, ho solo copiato bene”. E non gli è andata male, no?

Buon lavoro CoopLombardia .


 

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